Onorevoli Colleghi! - La battaglia per la sicurezza nei luoghi di lavoro è una battaglia di civiltà: è inaccettabile che si muoia sul lavoro in un Paese moderno e avanzato. Sono la precarietà, l'improvvisazione, l'omissione delle misure di sicurezza, la carenza di adeguati controlli, rispetto alla dimensione delle situazioni di rischio, nonché un'insufficiente cultura della prevenzione, le cause più diffuse della frequenza e della gravità degli incidenti sul lavoro.
      Secondo i dati dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l'Italia registra un inquietante record in questo campo, con 1.250 morti l'anno e quasi un milione di incidenti nel 2006, di cui oltre 200.000 non registrati che provengono dall'economia sommersa. Inoltre, alcune problematiche riguardanti il mondo del lavoro ancora oggi solo raramente vengono riconosciute come tali: pensiamo, ad esempio, alle malattie professionali. Secondo l'Organizzazione mondiale del lavoro in Europa per ogni infortunio mortale sul lavoro ci sono quattro morti per malattie professionali.
      È vero che i dati statistici indicano una riduzione: tra il 2001 e il 2006 gli infortuni sul lavoro sono diminuiti dell'8,6 per cento (gli incidenti tra i lavoratori sarebbero passati infatti da 1.023.379 del 2001 a 935.500 del 2006, secondo stime previsionali del dato annuo consolidato). Gli infortuni mortali, tra il 2001 e il 2006, sarebbero passati da 1.546 a 1.250, con una contrazione pari a -19,1 per cento. Oggi, quindi, si muore meno sul lavoro rispetto a dieci, venti o sessanta anni fa, ma si muore e ci si infortuna ancora e una più matura coscienza sociale non dovrebbe accettarlo.
      Come è emerso dalla Seconda conferenza nazionale sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro celebratasi quest'anno a Napoli, dopo quella di Genova del 1999, bisogna intervenire - in ossequio anche ai nuovi orientamenti europei sulla

 

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materia - sull'organizzazione del lavoro intesa non solo come produttività, ma come relazioni interpersonali. Il benessere, e non più semplicemente la salute, dovrà essere al centro degli interventi per la sicurezza sui luoghi di lavoro.
      Risulta indispensabile, quindi, avviare un circolo virtuoso che, a partire dalle attività di prevenzione, consenta di diminuire i rischi e di limitare i danni attraverso il ciclo di cura, riabilitazione e reinserimento, nonché di perseguire la drastica riduzione degli infortuni e dei costi sociali ed economici che il fenomeno determina nel Paese (i costi sociali degli infortuni tra lavoratori regolari e irregolari per la collettività sono stimati dall'INAIL in 41,6 miliardi di euro ogni anno). Per raggiungere questo obiettivo è necessario innanzitutto promuovere una grande campagna di diffusione di una cultura e di un'educazione alla sicurezza sul lavoro attraverso attività di formazione e di informazione. Bisogna creare una cultura diffusa della legalità e della prevenzione. A tale fine si deve agire insieme (istituzioni, sindacati, imprese, scuola) sul terreno della lotta al lavoro sommerso e irregolare e su quello del potenziamento della prevenzione, con una maggiore qualificazione degli addetti e attraverso un raccordo con i servizi ispettivi, che tengano conto delle specificità territoriali. Occorre intensificare i controlli e prevedere misure premiali per le imprese virtuose. Dobbiamo elevare il livello di attenzione rispetto a un fenomeno così diffuso, nella consapevolezza che un cambiamento culturale può concorrere al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.
      A tale fine la presente proposta di legge mira a istituire la «Giornata nazionale della sicurezza sul lavoro» per onorare la memoria delle vittime e promuovere, nei luoghi di lavoro, nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle istituzioni, momenti di approfondimento e di riflessione sul tema finalizzati a diffondere la cultura della legalità e della sicurezza sul lavoro.
 

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